Cosa aspettarci per il 2010

Osservando il grafico mensile dell’indice S&P500, che per tutti gli analisti rappresenta il mercato azionario di riferimento, è sorprendente notare come le quotazioni degli ultimi 13 anni abbiano rispettato un andamento ciclico molto preciso e regolare nel tempo.

Nel 1997 l’indice americano valeva circa 700 punti ed ha più che raddoppiato il proprio valore avvicinandosi al livello 1.600 nel corso dell’anno 2000. Successivamente, lo sboom della new economy ha riportato l’indice in area 800 e mantenendolo così depresso per tutto il biennio 2002/2003. Da quel momento, poi, le quotazioni si sono riprese con una lenta regolarità che ha permesso di riavvicinarsi al livello 1.600 durante il 2007. Dopodichè, ed è storia recente, la crisi finanziaria del 2008 ha fatto ricrollare l’indice nuovamente in area 700 per poi riprendersi piuttosto bene durante tutto l’anno passato. L’indice S&P500, infatti, ha terminato l’anno solare con una performance positiva del 23%, e, addirittura, con un risultato superiore al 66% se si partisse considerando i minimi storici di marzo 2009.

Questo excursus storico ci permette di comprendere come il velocissimo recupero del mercato avvenuto l’anno scorso non sia un evento eccezionale ed insostenibile nel lungo periodo, ma assolutamente paragonabile (sia per tempisitca che per velocità) alla crescita della Borsa avvenuta nel corso del 1999 e dei successivi anni 2003 e 2006. In sostanza, crediamo che la risalita del mercato sia stata strutturalmente valida e che, nell’anno in corso, non dovremo attendenderci necessariamente una fase di ribasso consistente, come invece sostengono altri colleghi.

La nostra ipotesi più probabile è che nel corso del 2010 assisteremo ad un persistente trading range delle quotazioni, più o meno ampio, con modalità molto simili a quelle già viste nel corso del 2004, periodo in cui la performance del mercato è stata solo del 5% e con una escursione tra massimi e minini di appena il 15%. Più in particolare, tornando all’indice s&P500, i prezzi potrebbero oscillare tra la resistenza a 1.260 e il supporto di quota 980.

Pertanto, riguardo alla nostra operatività con i futures, manterremo la ferrea disciplina della chiusura di tutte le posizioni nell’intraday, avremo una preferenza per le strategie di “trading range/contrarian” (ma senza escludere gli eventuali breakout intraday di breve termine) e faremo molta attenzione a differenziare l’operatività giornaliera in base alla consistenza dei volumi e della volatilità del momento. Lo scopo, infatti, sarà quello di riuscire a distinguere a priori le sedute in laterale da quelle fortemente direzionali.

GRAFICO MONTHLY DELL’INDICE S&P500 dal 1997 al 2009

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