Divieto allo Short, ma non per tutti…

L’andamento dei titoli bancari e assicurativi in questi primi mesi del 2009 è negativo esattamente come l’intero mercato azionario italiano, ma i loro ribassi giornalieri sono però sempre molto più consistenti. Pertanto, riteniamo che non si tratti di semplice correlazione diretta, ma di una vera e propria azione di forza ribassista da parte degli istituzionali, gli unici investitori a cui è permesso prendere posizioni short su queste azioni fino al prossimo 31 maggio 2009.
Di questa possibilità, ne approfittano specialmente nell’operatività intraday: osservando il book di questi titoli, è evidente come le cosiddette “mani forti” vendano allo scoperto qualsiasi quantità a qualunque prezzo, appena si presentino proposte in acquisto. A volte, sembra di assistere ad un vero e proprio tiro al bersaglio, una costante e ripetuta operazione da cecchini. Tutte le proproste in acquisto vengono eseguite, e la maggior quantità in vendita ne fa scendere il prezzo, che poi si assesta a valori più bassi.
E così sta succedendo quasi tutti i giorni, soprattutto in quelle fasi di mercato intraday in cui il future S&P/MIB sale e genera un aumento degli ordini in acquisto, un’occasione per far uscire allo scoperto i compratori e impallinarli.
Con questo sistema, i titoli Generali, IntesaSanpaolo e Unicredit sono arrivati a livelli bassissimi, ma se il divieto allo short continuerà ancora per altri mesi, non ci molto molte probrabilità che il mercato italiano si riprenda davvero.
Senza entrare nel merito della scelta della Consob di vietare lo short su questa categoria di titoli, questo meccanismo finisce per svantaggiare i riparmiatori già fortemente penalizzati dalla crisi del 2008. Non regge  più la motivazione secondo la quale era il panico delle famiglie a creare la discesa del mercato. Ora sono gli istituzionali che ci stanno giocando, mentre i risparmiatori continuano a perdere soldi: tutti quei piccoli investitori “da spennare” e che, ignari di tutto, hanno trovato attraente comperare Unicredit a 1 euro, per poi ritrovarselo sceso a 0,80 euro due giorni dopo.